
La moglie aveva ripetutamente molestato l’amante del marito, in ragione della relazione extraconiugale allacciata tra i due, pedinando l’amante e mandandole SMS ingiuriosi, quantomeno nel periodo compreso tra l’inizio dell’anno 2013 e la fine dell’estate dello stesso anno.
Secondo il Tribunale di primo grado, questa condotta configura il reato di atti persecutori.
A seguito di tale pronuncia, la Corte d’appello di Ancona, investita del caso in sede di impugnazione, riformando parzialmente la decisione di condanna, ha qualificato la condotta della donna come ‘Molestia o disturbo alle persone’, prevista dall’articolo 660 c.p.: ‘Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.’
L’imputata decide di ricorrere alla Corte di Cassazione, che si è pronunciata con la sentenza n. 11198/2020, confermando la sentenza emessa dalla Corte d’appello.
Secondo la Corte di legittimità: ‘Il reato di molestia o disturbo alle persone, incriminato dall’art. 660 cod. pen., può essere integrato anche da una condotta consistente nel seguire insistentemente la persona offesa, o il suo veicolo (…), in modo da interferire nella sfera di libertà di lei e da arrecarle fastidio o turbamento. Quest’ultimo, del resto, non va confuso con più gravi situazioni, materiali o morali, quali lo stato di ansia o paura, il timore per l’incolumità propria o altrui e l’alterazione delle abitudini di vita, che sono gli eventi che, disgiuntamente (…), integrano il più grave reato di atti persecutori ex art. 612- bis cod. pen.’
Quindi, i pedinamenti insistenti, per un periodo di tempo limitato, ma, comunque, significativo e il loro carattere invadente e infastidente sono sufficienti alla consumazione del reato di molestia, ma non integrano il più grave reato di atti persecutori.