
La ricorrente aveva chiesto al Tribunale di Perugia che il marito venisse allontanato dalla casa famigliare e che gli fosse ordinato di cessare la condotta pregiudizievole tenuta nei suoi confronti.
In particolare, la donna riportava al Giudice che il marito spesso rincasava ubriaco, la maltrattava, anche in presenza delle figlie (violenza assistita), l’aveva minacciata di morte, le aveva tagliato i vestiti e aveva rotto una porta di casa.
Tali fatti accadevano in un momento di acuita tensione nella coppia, conseguenza della situazione venutasi a creare a seguito dell’emergenza sanitaria.
Il caso evidenzia come un contesto di violenza sia stato ulteriormente aggravato da una situazione molto peculiare. Come noto, infatti, le restrizioni poste dal Governo italiano per contrastare la diffusione dell’epidemia di covid-19 hanno destato preoccupazioni laddove situazioni familiari già molto critiche avrebbero potuto risentire particolarmente di convivenze forzate, di difficoltà negli spostamenti e di scarsa possibilità di difesa.
Nel caso all’attenzione del Tribunale di Perugia, l’allontanamento del marito dalla casa familiare veniva, infatti, disposto nel periodo successivo alle restrizioni alla libertà negli spostamenti e precisamente il 22.7.2020; veniva ordinata anche la cessazione di ogni condotta pregiudizievole, il non avvicinamento alla moglie, alle figlie e ai luoghi dalle stesse frequentati.
Il periodo segnato dalle restrizioni legate al covid-19 è stato particolarmente critico per chi si è trovato a gestire convivenze famigliari forzate, violenze e minacce senza possibilità di agire con tempestività e di tutelarsi in modo sicuro e immediato. La ricorrente, però, appena possibile, è riuscita a denunciare la situazione vissuta e a ricorrere all’Autorità Giudiziaria per trovare formale tutela per sé e per le figlie.
La ricostruzione dei fatti ad opera del marito è risultata del tutto diversa da quella della moglie. In particolare, il marito rappresentava che si era creato un clima di tensione nella coppia dovuto alla volontà della moglie di chiedere la separazione, ma poco più. Il rapporto sarebbe peggiorato perché il 27.3.2020, il marito, rincasando, non aveva trovato né moglie né figlie, trasferitesi in altra città sebbene fossero impediti gli spostamenti, cosa molto mal vissuta dall’uomo che aveva percepito ancor di più la decisione della moglie come un’imposizione.
A distanza di un mese, il marito aveva ottenuto l’autorizzazione dei Carabinieri a recarsi in un Comune diverso da quello di residenza per fare visita alle figlie, che la moglie non gli avrebbe fatto vedere.
Il marito giustifica i propri comportamenti violenti riferendo che, in realtà, si sarebbe trattato di meri ‘gesti inopportuni’, causati da un clima di tensione crescente, ammettendo, tra l’altro, di aver inviato alla moglie una foto contenente l’immagine di veleno per topi. Negava di aver tagliato i vestiti o rotto una porta.
Il Tribunale ha agito tempestivamente, confermando la propria competenza e applicando correttamente la ratio delle previsioni normative in tema di ordini di protezione contro gli abusi famigliari e cioè l’attuazione della tutela urgente rispetto a chi si trova a subire un grave pregiudizio, tanto più se vi è il coinvolgimento di figli minori.
Gli ordini di protezione, infatti, sono uno strumento utile sia per contrastare situazioni di convivenza di grave pregiudizio, sia per prevenire ulteriori condotte pregiudizievoli ove tali condotte possano verificarsi anche a prescindere dal contesto di coabitazione. Questo è accaduto anche nel caso di specie, dato che la moglie si era allontanata dall’abitazione coniugale: la violenza può, comunque, reiterarsi anche in assenza di convivenza.
Il grave pregiudizio è rapportato all’integrità fisica, morale, alla libertà della vittima con ciò intendendo il diritto del singolo individuo di non essere ostacolato dagli altri consociati nell’esercizio della libertà di decidere e agire liberamente e nella realizzazione delle proprie scelte.
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