
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 32198 del 5.11.2021, si è espressa a Sezioni Unite sulla seguente questione: qual è la sorte dell’assegno di divorzio se il coniuge beneficiario ha instaurato una nuova convivenza?
La ricorrente era stata sposata con il marito per nove anni e aveva rinunciato ad un’attività lavorativa per dedicarsi ai figli, permettendo in questo modo al marito di costruire il proprio successo professionale come proprietario di una redditizia impresa di produzione di calzature. Non essendo più in età tale da poter reperire un lavoro, la donna si manteneva grazie all’assegno divorzile. Si era unita, nel frattempo, ad un nuovo compagno, da cui aveva avuto una figlia.
Nella giurisprudenza di legittimità ci sono stati orientamenti differenti, nel corso degli anni, sulla sorte dell’assegno divorzile in caso di nuova convivenza.
Secondo un primo orientamento, il diritto all’assegno di divorzio non cessava automaticamente con l’instaurarsi di una nuova convivenza, ma poteva trovare una rimodulazione. Secondo un successivo orientamento, l’assegno di divorzio restava sospeso per tutta la durata della nuova convivenza, con possibilità di reviviscenza in caso di rottura del rapporto. Un terzo e più recente orientamento, affermatosi in modo più incisivo e costante a partire dalla sentenza della Suprema Corte n. 6855 del 2015, segnava una cesura rispetto ai precedenti: il diritto all’assegno di mantenimento si estingueva nel caso di costituzione di una convivenza di fatto stabile e continuativa, senza possibilità di reviviscenza in caso di interruzione del rapporto con il nuovo partner.
La Suprema Corte, nel lungo iter motivazionale della sentenza 32198/21, sostanzialmente ritiene necessario porsi in continuità e coerenza con la ricostruzione che le stesse Sezioni Unite hanno dato dell’assegno di divorzio con la sentenza n. 18287/2018. La funzione dell’assegno non è solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa.
Dimenticato il vecchio ancoraggio al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ora l’assegno di divorzio serve ad attribuire al coniuge debole un mantenimento che sia parametrato al contributo offerto alla creazione di un patrimonio famigliare e personale dell’altro coniuge, a discapito della propria realizzazione lavorativa.
Muovendo da queste premesse sulla qualificazione dell’assegno divorzile, la Corte ne trae le conseguenze applicative al caso posto al suo vaglio.
L’instaurazione di una nuova convivenza, tanto più se accompagnata dalla nascita di un figlio, rappresenta un vero e proprio progetto di vita che elimina ogni legame con la precedente relazione coniugale. Per questa ragione, la componente assistenziale dell’assegno di divorzio viene meno: il nuovo legame di convivenza si sostituisce al precedente.
Non viene meno, invece, la componente compensativa dell’assegno, poichè è legata al contributo dato dal coniuge debole in favore della famiglia e del patrimonio dell’altro coniuge nel corso del matrimonio. Le scelte e i sacrifici fatti dal coniuge debole nel corso del matrimonio, che possono averlo portato a rinunciare a crearsi una posizione professionale a favore della valorizzazione del lavoro dell’altro coniuge, devono essere tenute in debito conto anche quando si crea una nuova convivenza che, in nessun modo interferisce con quanto già accaduto in passato nelle scelte di vita adottate dalla precedente famiglia.
La Cassazione ha espresso, in conclusione, il seguente principio di diritto: ‘L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.
Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.
A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.
Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto altresì della durata del matrimonio‘.