
Con la sentenza n. 68 del 22 maggio 2025, la Corte Costituzionale compie un nuovo passo verso il riconoscimento della genitorialità nelle coppie omogenitoriali e, più in generale, verso una tutela effettiva dei diritti dei figli nati da procreazione medicalmente assistita (PMA) all’estero.
La Corte ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 8 della legge n. 40/2004, nella parte in cui non prevede il riconoscimento, fin dalla nascita, dello stato di figlio anche nei confronti della madre intenzionale, ossia della donna che, pur non essendo genitrice biologica, ha prestato il proprio consenso al ricorso alla PMA effettuata all’estero in conformità alla normativa locale e ha assunto la correlata responsabilità genitoriale.
Al centro della motivazione, la Consulta ribadisce che l’interesse del minore costituisce un principio cardine dell’ordinamento, da cui discende il diritto a:
- una piena identità personale e familiare, coerente con la realtà affettiva e sociale in cui nasce e cresce;
- una doppia genitorialità effettiva e riconosciuta, che si traduce nel diritto a essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente da entrambi i genitori;
- un rapporto continuativo con entrambe le figure genitoriali e con le rispettive famiglie d’origine.
La mancata previsione del riconoscimento legale del legame con la madre intenzionale, afferma la Corte, non solo contrasta con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e con i diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.), ma lede anche il diritto del minore alla cura e all’assistenza morale di entrambi i genitori (art. 30 Cost.).
Altro principio cardine della pronuncia è quello secondo cui la responsabilità genitoriale discende dal progetto procreativo condiviso: nel momento in cui due persone decidono, in modo libero e consapevole, di accedere alla PMA per generare un figlio, entrambe si assumono un impegno verso quel futuro minore. Non è quindi ammissibile che il diritto ignori tale responsabilità per il solo fatto che la tecnica procreativa è stata realizzata all’estero e che uno dei genitori non sia il genitore biologico.
La madre intenzionale, quindi, non può essere relegata a figura giuridicamente irrilevante o costretta a ricorrere a strumenti non immediati (come l’adozione in casi particolari), per veder riconosciuto il proprio ruolo e il proprio legame.