Autosufficienza economica del maggiorenne con contratto di lavoro a tempo determinato

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40282/2021, è tornata ad occuparsi del raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte del figlio maggiorenne per il quale viene versato il contributo al mantenimento.

Il padre ricorrente aveva ritenuto non corretta la sentenza che aveva stabilito a suo carico il versamento di euro 400,00 a favore del figlio maggiorenne, ritenuto non indipendente economicamente sebbene fosse risultato vincitore di un concorso presso il Ministero della difesa come volontario in forma permanente da settembre 2014 fino all’agosto 2015, e successivamente, come volontario per la durata di quattro anni a partire dal 2016 con una remunerazione di circa euro 1.000.00 mensili.

Il Giudice dell’appello aveva ritenuto l’impiego temporaneo non sufficiente a garantire l’autosufficienza economica del figlio proprio per la non continuatività dell’attività lavorativa.

La Corte di Cassazione è di diverso avviso.

E’ ben noto il principio per cui l’obbligo del genitore separato di concorrere al mantenimento del figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest’ultimo, ma perdura finché il figlio non abbia raggiunto l’indipendenza economica, ovvero sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta (per tutte: Cass. 8 febbraio 2012, n. 1773; Cass. 26 gennaio 2011, n. 1830). (…)

Lo svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, ancorché prestata in esecuzione di un contratto a tempo determinato, ben può costituire, in tal senso, un elemento rappresentativo della capacità dell’interessato di procurarsi una adeguata fonte di reddito (e quindi della raggiunta autosufficienza economica).

Se, infatti, quel che rileva è la capacità del figlio maggiorenne di far fronte alle proprie esigenze, appare incongruo affermare, in via generale e astratta, che il diritto del detto soggetto alla corresponsione dell’assegno permanga nel caso in cui lo stesso svolga un’attività lavorativa in forza di un contratto di lavoro a termine. Ai fini che qui interessano, conta, infatti, l’inserimento del figlio in questione nel mondo del lavoro con lo svolgimento di un’attività retribuita, tale da esprimere la capacità dello stesso di provvedere alle proprie esigenze e di affrancarsi, così, da quella condizione di dipendenza economica rispetto al nucleo familiare di appartenenza che, se persistente, può giustificare il protrarsi dell’obbligo di mantenimento attraverso l’erogazione dell’assegno periodico.

In tale prospettiva, la possibile cessazione del rapporto lavorativo per la scadenza del termine e il mancato rinnovo del contratto non ha, a ben vedere, un significato diverso dalla perdita dell’occupazione generata da un contratto indeterminato o dal negativo andamento di un’attività intrapresa dal figlio stesso in proprio: evenienze, queste, che la giurisprudenza di questa Corte reputa escludano la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.’

E’ chiaro che non ogni attività lavorativa a tempo determinato è atta a rendere autosufficiente economicamente il maggiorenne: proprio per questo va esaminata l’effettiva durata del rapporto di lavoro e la retribuzione percepita per valutare concretamente se vi sia un effettivo inserimento nel mondo del lavoro del maggiorenne fino a quel momento non indipendente.

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