Corte Costituzionale n. 33/2025: SI all’adozione internazionale per i single

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Con la sentenza n. 33 del 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184/1983, nella parte in cui esclude le persone non coniugate residenti in Italia dalla possibilità di presentare domanda di idoneità per l’adozione internazionale.

L’art. 29-bis, comma 1, prevede che «[l]e persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall’articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero residente all’estero, presentano dichiarazione di disponibilità al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione».

In particolare, il citato art. 6 stabilisce, al comma 1, che «[l]’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto».

Il caso nasce dal Tribunale per i minorenni di Firenze, ove una donna single, la cui idoneità genitoriale era stata accertata, non poteva proseguire nell’iter per l’adozione internazionale per via del suo stato civile.

La Corte ha rilevato un contrasto tra la normativa vigente e:

  • l’art. 2 Cost. (tutela della persona e delle formazioni sociali);
  • l’art. 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 8 della CEDU (rispetto della vita privata).

Secondo la Consulta, l’interesse superiore del minore – cardine del diritto delle adozioni – non può essere tutelato in modo efficace attraverso l’esclusione aprioristica delle persone single, le quali, se ritenute idonee, possono assicurare al minore un contesto affettivo stabile e armonioso, come richiesto dalla Convenzione europea sull’adozione.

La sentenza afferma che la valutazione dell’idoneità all’adozione deve essere fondata su elementi concreti, e non su automatismi giuridici legati allo stato civile. In passato, alcune disposizioni ammettevano già, in via eccezionale, l’adozione da parte di persone singole, ma la norma censurata imponeva un divieto assoluto che non regge al vaglio di proporzionalità e ragionevolezza.

In forza di questa pronuncia, le persone non coniugate potranno presentare la dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale e il giudice potrà valutare la loro idoneità caso per caso.

Si legge nella sentenza: ‘Se, dunque, deve ritenersi che la persona singola è idonea a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso, d’altro canto, l’esigenza, sottesa alla scelta del legislatore, di assicurare all’adottato «la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori» (sentenza n. 198 del 1986) non viene perseguita con un mezzo idoneo e proporzionato.

Come si è già in passato rilevato (sentenza n. 183 del 1994), si tratta di una istanza che può giustificare «una indicazione di preferenza per l’adozione da parte di una coppia di coniugi», ma che non supporta la scelta di convertire tale modello di famiglia in una aprioristica esclusione delle persone singole dalla platea degli adottanti. In particolare, nel caso dell’adozione internazionale, allo Stato di accoglienza spetta solo il compito di regolare l’idoneità o meno a adottare, dopodiché l’abbinamento con il minore di chi ha ottenuto il decreto di idoneità è di competenza dello Stato d’origine del minore stesso. Pertanto, là dove la disciplina censurata crea nei confronti delle persone singole una barriera all’accesso all’adozione internazionale, essa determina un sacrificio dell’autodeterminazione orientata alla genitorialità, che – specie nell’attuale contesto giuridico-sociale – rischia di riverberarsi negativamente sulla stessa effettività del diritto del minore a essere accolto in un ambiente familiare stabile e armonioso. Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, i limiti frapposti all’autodeterminazione orientata alla genitorialità «non possono consistere in un divieto assoluto […] a meno che lo stesso non sia l’unico mezzo per tutelare altri interessi di rango costituzionale» (sentenza n. 162 del 2014). Alla luce, dunque, del complesso degli interessi implicati e dello stesso scopo dell’istituto dell’adozione internazionale, la scelta operata dal legislatore con l’art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184 del 1983 risulta non necessaria in una società democratica, in quanto non conforme al principio di proporzionalità, e determina la lesione della vita privata e dell’autodeterminazione orientata a una genitorialità ispirata al principio di solidarietà.

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