La tutela delle vittime di violenza – I parte

L

Uno degli strumenti di tutela a disposizione delle vittime di violenza è costituito dagli ordini di protezione.

Si articolano su un doppio binario, di natura civile e penale: in questo articolo sarà possibile comprendere in modo immediato in cosa consistono gli ordini di protezione in sede civile, esaminando un caso concreto accaduto in periodo di diffusione dell’epidemia di covid-19.

Gli ordini di protezione sono stati introdotti ed inquadrati dalla L. 154/2001 e muovono da una premessa concreta e cioè l’esistenza di una violenza.

Da un punto di vista soggettivo, la violenza può essere tra coniugi o conviventi, ma non è escluso che le ipotesi di violenza si possano configurare anche tra genitori e figli, fratelli e sorelle, nipoti e ascendenti.

Tratto distintivo è la violenza in senso oggettivo, che può essere di tipo psicologico, fisico, economico oppure può essere in via alternativa o cumulativa, violenza c.d. assistita e cioè quel tipo di violenza a cui il minore assiste perché la percepisce direttamente o perché ne è anche semplicemente a conoscenza.

Più precisamente, la violenza assistita è stata ben definita dal CISMAI – Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia, come ‘il fare esperienza da parte del/la bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulti e minori’.

La legge 154/2001 ha introdotto in sede penale l’articolo 282 bis c.p.p. ‘Allontanamento dalla casa familiare’, nonché gli articoli 342 bis c.c. e 342 ter c.c.. Secondo l’articolo 342 ter c.c. ‘Contenuto degli ordini di protezione’:

Con il decreto di cui all’articolo 342 bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.’ (comma I)

Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.’ (comma II)

Infine, la legge citata ha introdotto anche l’art. 736 bis c.p.c. ‘Provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari’ secondo cui, tra l’altro:

Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione.’ (comma III)

In un recentissimo caso, il Tribunale di Perugia si è pronunciato con provvedimento del 07.08.2020. La ricorrente aveva chiesto la pronuncia della separazione giudiziale con addebito al marito, chiedendo contestualmente che venisse ordinata al marito la cessazione della condotta pregiudizievole tenuta e l’allontanamento dalla casa familiare in ragione della condotta violenta da lui tenuta.

La ricorrente esponeva i fatti che la avevano riguardata nell’ultimo periodo.

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