L’uso della violenza per fini educativi non è mai consentito

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Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione, marito e moglie si trovavano in fase di separazione e la conflittualità era molto elevata.

La moglie denunciava penalmente il marito, riferendo che le sarebbe stato impedito di lavorare e di incontrare i suoi famigliari. Nel corso del procedimento penale, la moglie avrebbe poi ridimensionato l’unico episodio di violenza contro una delle figlie, in cui il marito avrebbe colpito la figlia con un cucchiaio.

Ciò non basta per la Corte ad accogliere il ricorso in Cassazione del marito perché tale giudizio non può avere ad oggetto una nuova valutazione dei fatti o l’utilizzo di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti stessi.

Inoltre, non può neppure essere accolto il ricorso del marito in merito alla qualificazione della sua condotta.

I fatti commessi, che secondo la Corte d’appello sono da qualificarsi come maltrattamenti in famiglia, non possono essere ricondotti al diverso reato di abuso dei mezzi di correzione ex art. 571 c.p.

L’elemento differenziale tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti non può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall’agente, in quanto l’uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito. (..) Il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l’obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate.’ (Cass. Pen. sesta sez., sentenza n. 18706/2020)

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