
L’Azienda Ospedaliera di Padova, in data 16.9.2021, sospendeva dal lavoro con effetto immediato un’infermiera professionale in servizio presso il reparto di neurochirurgia degenze, senza diritto alla retribuzione poichè aveva violato l’obbligo vaccinale e non era possibile adibirla a mansioni diverse che non implicassero il rischio di diffusione del contagio.
Il Tribunale di Padova, chiamato a pronunciarsi sul ricorso dell’infermiera, affronta la questione non solo da una prospettiva legislativa interna, ma, soprattutto, comunitaria.
Secondo il Tribunale le autorizzazioni alla messa in commercio dei vaccini anti-covid sono atti di diritto dell’Unione europea, valutabili sotto il profilo della legittimità esclusivamente dalla Corte di Giustizia. Laddove il giudice nazionale nutra dei dubbi sulla validità di un atto comunitario deve investire della questione la Corte di Giustizia.
Il Tribunale, quindi, reputa ragionevole sollevare un dubbio di validità delle autorizzazioni della Commissione europea, alla luce delle nuove evidenze mediche e soprattutto dei nuovi medicinali a disposizione.
Richiama quanto previsto dall’art. 4 del Regolamento 507/2006 secondo il quale:
Articolo 4 – Condizioni
‘1. Un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata può essere rilasciata quando il comitato ritiene che, malgrado non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale, siano rispettate tutte le seguenti condizioni:
a) il rapporto rischio/beneficio del medicinale, quale definito all’articolo 1, paragrafo 28 bis, della direttiva 2001/83/CE,
risulta positivo;
b) è probabile che il richiedente possa in seguito fornire dati clinici completi;
c) il medicinale risponde ad esigenze mediche insoddisfatte;
d) i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superano il rischio inerente al fatto che occorrano ancora dati supplementari.
Nelle situazioni di emergenza di cui all’articolo 2, paragrafo 2, può essere rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata anche in assenza di dati farmaceutici o preclinici completi purché siano rispettate le condizioni di cui alle lettere da a) a d) del presente paragrafo.
2. Ai fini del paragrafo 1, lettera c), per esigenze mediche insoddisfatte si intende una patologia per la quale non esiste un
metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o trattamento autorizzato nella Comunità o, anche qualora tale metodo esista, in relazione alla quale il medicinale in questione apporterà un sostanziale vantaggio terapeutico a quanti ne sono affetti.‘
Vengono sollevati vari quesiti, il primo dei quali è il seguente:
‘Dica la Corte di Giustizia se le autorizzazioni condizionate della Commissione, emesse su parere favorevole dell’EMA, relative ai vaccini oggi in commercio, possano essere considerate ancora valide, ai sensi dell’art. 4 del Reg. n. 507/2006, alla luce del fatto che, in più stati membri (ad esempio in Italia, approvazione AIFA del protocollo di cura con anticorpi monoclonali e/o antivirali), sono state approvate cure alternative al COVID SARS 2 efficaci e in thesi meno pericolose per la salute della persona, e ciò anche alla luce degli artt. 3 e 35 della Carta di Nizza‘.
Il Tribunale, in sintesi, affronta il tema della vaccinazione obbligatoria ai sanitari da una prospettiva collaterale, sollevando dubbi sul fatto che ancora oggi si possa ritenere corretto l’utilizzo di vaccini la cui autorizzazione all’immissione in commercio era sottoposta a specifiche condizioni. Condizioni che non sussisterebbero più, essendo stati individuati, peraltro, nuovi farmaci in grado di offrire una cura efficace del covid.
La questione è stata rimessa alla Corte di Giustizia con richiesta di pronuncia con procedimento accelerato.